C’erano una volta una regola ferrea e tre cani, e fu l’incrocio di questi personaggi che diede vita a Lana di Cane.
La regola ferrea era comune sia alla fanciullezza di Giulia che a quella di Alessandro: niente cani in casa!
Questo divieto generò una carenza comune soddisfatta in due maniere differenti che simbolicamente rappresentano il primo passo di Lana di Cane.
Alessandro, all’età di 24 anni, lasciò la cittadina di Fermo e si trasferì a Madonna di Campiglio per fare il musher (colui che guida le slitte trainate dai cani) e, passare da zero cani a più di cento ma soprattutto, conoscere me che avevo appena 2 giorni e sarei diventato il suo primo vero cane. (quelli in allevamento non contavano…quello era lavoro)
Io ero proprio un tipo speciale e lo sarei diventato ancora di più: abituato a tutto e che sopporta quasi tutto (le zampe addosso da altri cani maschi e gli abbracci/placcaggi dagli umani mi rimasero sempre difficili da digerire): un vero Akita Inu ai tempi in cui era una razza sconosciuta.
A Madonna di Campiglio va riconosciuto l’ulteriore merito di essere il posto dove Alessandro sentì dire per la prima volta che in paesi dal clima rigido il sottopelo di cane veniva filato per farci indumenti straordinari (un cane abituato a temperature medie di -25 gradi ha un sottopelo in grado di proteggere molto meglio di tanti tessuti tecnici)…negli anni a seguire vennero accumulati kg e kg del mio sottopelo nella speranza di trovare qualcuno che lo potesse filare, del resto Ale ricordava che la sua bisnonna lo faceva fino a poco prima di morire.
La storia dimostra che la speranza era vana: più passava il tempo e più le persone che sapevano filare ed erano in grado di farlo diminuivano. A malincuore dopo due anni dalla mia morte tutto il mio sottopelo venne gettato nella spazzatura…
Gandalf: “Ero un cane davvero eccezionale!”
Nel frattempo Giulia e Alessandro si erano rincontrati dopo anni che non si vedevano e scoccò la scintilla: di lì a breve, io sarei volato sul ponte, sapevo che stavo lasciando Ale “in buone mani”. Giulia e Alessandro andarono a vivere insieme e giunse il momento di colmare la carenza di cani di Giulia.
Se non fosse stato per Giulia, mai e poi mai Alessandro si sarebbe preso cura di un altro cane, il dolore era troppo recente e io un cane troppo speciale.
Ma Giulia era irremovibile nei suoi propositi e il “caso” fece arrivare Asaki: guardailcaso era anche lui un Akita e la sua storia speciale fece capitolare Alessandro da ogni ritrosia:
cresciuto senza dare nessun problema, all’età di sei anni Asaki venne abbandonato in canile e lì sarebbe morto aspettando il ritorno della sua padrona, del resto chi se lo prende un cane adulto, Akita e che il custode del canile definisce “pericoloso”?
Grazie a Paola e Laura, volontarie che offrivano servizio in quel canile, Giulia e Alessandro riuscirono a portarsi quel testone a casa; dopo due anni di canile e di mancate spazzolate Asaki aveva una “cocchia” al posto del pelo (oltre a varie dermatiti e otiti), ma a forza di cure e spazzolate si riprese alla grande e iniziò una muta del pelo continua: pelo sempre e dappertutto. Cosa farci? Avevano da poco buttato il mio sottopelo con gran dispiacere e decisero di trovare un modo per riutilizzare almeno quello di Asaki.
Una mattina Giulia se ne uscì dicendo: “ma lo sai che ci sono persone nel mondo che filano il pelo del cane?”…certo che Alessandro lo sapeva! aveva tenuto da parte il mio pelo per tutto quel tempo solo nella speranza di incontrarne una di quelle persone…ma questa domanda fece scattare qualcosa: forse il desiderio che quel dolore nel buttare il mio pelo non l’avesse più provato nessuno o il bisogno di dare al “mondo” quello che avrebbe voluto per se e non aveva potuto avere o chissà cos’altro, fatto sta che si mise a cercare e provare.
Prima con un dito, poi con un aggeggio autocostruito attaccato all’avvitatore e alla fine con il loro primo arcolaio (60€ compresa la spedizione dalla Germania) capirono che era possibile filare il pelo di Asaki.
Di giorno in giorno la qualità del filo migliorava e, arrivati ad un livello accettabile, si misero a lavorare alla prima lana ufficiale: la lana di Asaki. Con un telaio provvisorio fatto con stecche e pesi fu tessuta una sciarpa e il risultato fu inaspettatamente bellissimo.
Talmente bello che se ne dovettero vantare su facebook e fu così che il terzo cane entrò in gioco anche se già non c’era più.
Akuma era una femmina di Akita Inu (guardailcaso!) scomparsa due anni prima quasi contemporaneamente a me.
Un Cane speciale e magnificamente addestrato: uno di quei cani che quando vengono a mancare lasciano un vuoto incolmabile.
Akuma
Forse per colmare questo vuoto, forse perché fin da piccolo aveva visto un cartone animato dove il protagonista aveva un maglione fatto con il pelo del suo cane, il suo addestratore e compagno di vita (Maurizio De Luca) aveva messo da parte e conservato il suo sottopelo nella speranza di farlo filare da qualcuno.
Questa volta la speranza non fu vana e la conferma della nascita della realtà Lana di Cane venne quando dopo aver rispedito la lana di Akuma, Giulia e Alessandro ricevettero una lettera di ringraziamento da parte di Maurizio e di sua moglie,
una lettera talmente commovente e toccante che capirono che dovevano continuare su quella strada!
Lana di Cane era nata!
Firmato
N.B. Chiediamo scusa a Gandalf per aver usato la sua voce, speriamo che anche tramite questa, lui possa sapere che nonostante non ci sia un suo ricordo fisico, è e sarà sempre motore e motivazione per Lana di Cane.